Quando le temperature sono così alte, osserva la scienziata, “vanno ad esempio in crisi i giunti autostradali”, la malattia “leishmaniosi aumenta” dice Mercogliano rilevando che oggi “la domanda non è più come cambia la temperatura o la precipitazione ma piuttosto ‘stiamo capendo tutti gli impatti?’ Quindi ci vuole un lavoro congiunto della scienza con tecnici, ingegneri, architetti, antropologi. Quello dei cambiamenti climatici non è più solo un affare di 1-1,5 gradi”.
La siccità “è un trend – aggiunge – dura periodi prolungati associati a piogge molto intense, e quest’acqua non si deve perdere, deve essere conservata proprio per gestire la siccità”. Gli eurocodici, che sono standard europei di riferimento per la costruzione delle infrastrutture, “possono valere ancora in alcune zone perché il cambiamento climatico non colpisce nello stesso modo dappertutto, ma andrebbero aggiornati perché oggi costruiamo le infrastrutture utilizzando una statistica di eventi estremi ferma da 20-30 anni. Se utilizziamo le nuove soglie cambia tutto il modo di fare manutenzione ordinaria e straordinaria”. Per fare un esempio, “in un aeroporto si pone un problema di atterrare su una pista a 50 gradi di temperatura, e domandarci se quell’asfalto è stato fatto per resistere a questo calore”. Ѐ un discorso che vale per tutte le infrastrutture costruite decine di anni fa, ponti, linee ferroviarie, autostradali, acquedotti. Oggi si deve costruire in modo che l’opera “sia resiliente per il clima dei prossimi 30 anni”. Nel Mediterraneo nei prossimi 10 anni si dovrà gestire un’emergenza dovuta all’aumento di temperatura, aggiunge la scienziata avvertendo che “c’è bisogno di un ufficio tecnico che ci chiami. Biogna fare delle valutazioni se c’è una urgenza, una criticità tipo la corrosione”. Nel Mediterraneo, ricorda Mercogliano, “ci sono i ‘medicanes’, simili agli uragani che da diversi anni sono più frequenti e ci aspettiamo che in futuro a causa del riscaldamento della temperatura del mare possano aumentare”. Si deve guardare al futuro “solo per decidere le soluzioni, non per avere la percezione del cambiamento climatico che abbiamo già – rileva – Bisogna pianificare” gli interventi (ad esempio aree verdi nelle zone più calde di una città) “e coinvolgere i cittadini, non dimenticare il lato sociale e culturale della pianificazione”.
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