Meyer, i nuovi talenti del canto fanno ben sperare – Musica – صحيفة الصوت

PORTOFINO – I nuovi talenti della lirica fanno ben sperare. Ne è convinto il sovrintendente del Teatro alla Scala Dominique Meyer, presidente della giuria dell’ottava edizione del Concorso Lirico Internazionale di Portofino riservato a giovani dai 18 ai 30 anni che si conclude stasera nella piazzetta del borgo con un concerto dell’orchestra del Carlo Felice di Genova diretta da Michele Gamba. “E’ come un diamante, un gioiello… non ha bisogno di essere grande per brillare”, lo definisce. Al Clip, promosso dall’Associazione Bottesini con la collaborazione del Comune e del Teatro Carlo Felice e il supporto di grandi sponsor, quest’anno si sono candidate 218 promesse del canto di 44 nazioni. I dieci finalisti si sono esibiti nel Teatro Sociale di Camogli passando al vaglio di esponenti di istituzioni musicali prestigiose italiane e straniere. “Dobbiamo guardare avanti, non ha senso fare confronti pensando che fosse meglio prima – dice Meyer all’ANSA -. Da questo punto di vista abbiamo buoni motivi per sperare bene. Faccio cinque-sei concorsi ogni anno ed è meraviglioso vedere che la lirica nel mondo cresce ovunque. Clip è davvero internazionale, su dieci finalisti sono rappresentate sette nazioni. C’è anche un cantante sudafricano. Si affacciano nuovi mondi, si vede che c’è grande interesse per la lirica dappertutto. Molti cantanti in gara vengono da famiglie semplici”. L’appuntamento di Portofino rappresenta un trampolino di lancio reale per le carriere dei cantanti di domani proprio grazie alla giuria di altissimo livello, da Peter de Caluwe, direttore generale de La Monnaie di Bruxelles, a Carolin Wielpütz, direttore artistico Theater an der Wien; Jonathan Friend, consulente artistico Metropolitan New York; agli italiani Cristiano Sandri, responsabile della Programmazione Artistica del Teatro Regio di Parma; Gianni Tangucci, coordinatore artistico dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, e Claudio Orazi, sovrintendente del Carlo Felice. Alla sfida conclusiva sono arrivati tre soprano, due mezzosoprano, quattro baritoni e un basso. I tenori si sono fermati alla semifinale. “E’ un caso – osserva Meyer – E’ un po’ come i funghi, alcuni anni ci sono altri no”. Cosa hanno di diverso le nuove voci rispetto ai grandi del passato? “Molti giovani cantanti sono più precisi su molti aspetti, anche ritmicamente. Ormai si fa tutto in lingua originale. Qui abbiamo sentito una italiana, una romena e una australiana cantare arie francesi in un francese perfetto. E’ un progresso notevole”. Le nuove generazioni non possono più contare, però, su sostegni importanti. “In questi giorni si apre il festival di Salisburgo… mi ricordo che venti anni fa le etichette discografiche mettevano la pubblicità anche nelle farmacie e nei negozi. Ora è sparita, non si fanno più dischi. I giovani devono cercare altri modi per farsi conoscere. I social, per esempio”. E’ comunque una realtà che la platea sia diventata più giovane. “Molti teatri fanno un ottimo lavoro per far arrivare nuove generazioni. Alla Scala meno del 30 per cento degli spettatori ha più di 55 anni. L’idea centrale è stata di Lissner dodici anni fa con l’abbonamento per chi ha meno di 30 anni. Ogni anno, quindi, si aggiunge una fetta di pubblico nuovo”. Che cosa c’è da imparare dall’esperienza terribile del Covid? “Bisogna lavorare e proibire le lamentele e la retorica dello sforzo del tipo ‘E’ stato difficile ma abbiamo vinto’. Alla Scala ho vietato di lamentarsi per evitare il collegamento tra il teatro e l’ idea della malattia. A teatro si va perché si ha voglia di vivere emozioni. Dobbiamo lavorare su questo aspetto. Parlare soltanto dei progetti, degli artisti e del nostro lavoro. Il pubblico da noi è tornato in massa, abbiamo ricavi quotidiani superiori a quelli del 2019”. C’è però un elemento più generale da considerare. “E’ una questione di volontà. La politica vuole o non vuole considerare l’Opera e la musica classica come una cosa importante? Non c’è dappertutto un grande sostegno. Anche il lavoro dei direttori di teatro a volte può far dubitare. Trovo che in questo mestiere ci sia troppa arroganza. Invece di voler dimostrare di essere particolari e geniali si dovrebbe pensare di più al pubblico e ai motivi che lo spingono ad andare a teatro”. E’ quindi fondamentale tornare all’essenza. “I primi compositori cercavano di creare emozione tramite l’emozione. Ognuno può viverla, non c’è bisogno di aver fatto 25 anni di studi per essere toccati dalla musica lirica. Dobbiamo fare questo lavoro con i bambini, con gli adolescenti, con i giovani cantanti in modo che la storia vada avanti”.

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