La firma dell’alleanza ha subito prodotto uno smottamento. Da tempo il Pd ha un dialogo anche con Sinistra Italiana e Verdi, che adesso chiedono “di verificare se ancora ci siano le condizioni di un’intesa elettorale”. Per Nicola Fratoianni (Si), “l’accordo tra Pd e Azione/+Europa è legittimo ma non vincolante sul tema programmatico”. Non piace il richiamo al governo Draghi, che vedeva Si e Verdi all’opposizione, e diversi passaggi, come quello sul via libera ai rigassificatori. Un chiarimento è in programma a breve: Letta incontrerà Fratoianni e Angelo Bonelli (Verdi) domani pomeriggio, al Nazareno. Per la verità, i contatti fra i tre sono frequenti, anche in giornata ce ne sono stati almeno due: uno di prima mattino e uno nel pomeriggio. Le schegge del patto sono arrivate anche più in là. Siccome l’intesa prevede che nessun segretario di partito e nessun fuoriuscito da FI e M5s possa essere candidato nei collegi uninominali, il Pd ha offerto un posto nei listini proporzionali della sua lista Democratici e progressisti “ai leader di partiti e movimenti che entreranno a far parte dell’alleanza”: è il cosiddetto diritto di tribuna. L’opportunità può tentare chi guida forze che rischiano di non il 3% e quindi di non avere eletti. In Transatlantico, sono venuti subito in mente Bruno Tabacci e Luigi Di Maio, fondatori di Impegno civico. E infatti, nel pomeriggio il ministro degli Esteri ha incontrato Letta, seminando scompiglio nei parlamentari che lo hanno seguito nell’uscita dal M5s: “Se accetta il diritto di tribuna ci abbandona e Impegno civico salta”, commentava un deputato.
Non pare che il Pd abbia fatto l’offerta a Matteo Renzi. Malgrado sia Letta sia Calenda ufficialmente dichiarino che non ci sono veti, il leader di Iv è intenzionato a correre da solo, al centro: l’alleanza fra Pd, Azione e +E “poco ha a che fare con la politica dove si sta insieme se si condividono le idee”, ha detto Renzi. Che poi ha chiarito la collocazione di Iv: “Quello che gli altri definiscono solitudine, noi lo chiamiamo coraggio. Noi siamo il vero voto utile”. L’intesa fra Calenda, Della Vedova e Letta si è chiusa nelle due ore di colloquio. L’incontro ha anche rischiato di partire col piede sbagliato, quando, prima che iniziasse, al Pd è arrivata una bozza di accordo scritta dalla controparte. Un salto in avanti ritenuto inopportuno dai dem. Poi il colloquio. Fra i punti dell’accordo, la divisione dei seggi uninominali: 70% al Pd e 30% ad Azione +E. Ma su quello l’intesa c’era da giorni. Fra i presenti, c’è chi racconta che l’accelerata sia arrivata quando fra la richiesta di Calenda di non candidare negli uninominali Fratoianni, Di Maio e Bonelli, e l’intenzione del Pd di non mettere veti sui nomi, è stata trovata la soluzione di far fare un passo indietro a tutti i big. “Abbiamo dimostrato tutti grande senso di responsabilità – ha detto Letta – l’Italia vale di più rispetto alle discussioni interne”.
“Una coalizione si fa sui programmi quindi adesso è necessario aprire una riflessione. Dovremo rivederci e fare un punto della situazione tra di noi”. Lo ha afferma Luigi Di Maio, capo politico di impegno Civico, intervenendo in una breve riunione della congiunta con i parlamentari del suo partito.
“L’alleanza Pd-Azione fa chiarezza sulle forze in campo alle prossime elezioni. A misurarsi con il centrodestra e FdI ci sarà la solita sinistra. Il Pd, la sinistra estrema e Azione, la costola del Pd presieduta dall’europarlamentare eletto nel Pd, Carlo Calenda. Finisce la storiella di Azione partito moderato, alternativo alla sinistra tutta tasse, assistenzialismo e nemica del ceto produttivo”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
“Azione getta la maschera. È la quinta colonna del Partito democratico e della sinistra. Altro che progetto per creare un nuovo centro, altro che governo Draghi, semplicemente al servizio di chi vuole la patrimoniale per qualche posto in più”. Lo scrive su Twitter Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia.
التعليقات